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Crescevano i cantieri, nei dintorni dell’abitato, meta delle passeggiate notturne bianciardiane.

La strada si perdeva in uno sterrato brullo, ineguale; qua e là si perdevano mucchi di detriti, i bassi casotti dove i muratori ripongono gli attrezzi, le cataste dei mattoni, le fosse rettangolari bianche di calcina, un rullo compressore, alto e scuro, e più lontane le nuove costruzioni, appena cominciate.

Nuovi abitanti, nuove abitazioni, nuove opere di urbanizzazione. Compreso il gran lavoro necessario alle trasformazioni delle campagne e della costa.

Alle imprese protagoniste della prima trasformazione urbana negli anni Venti e Trenta e sopravvissute alla guerra se n’affiancarono altre. Alla antica Cooperativa terrazzieri s’aggiunsero nuove cooperative. La più nota: la Martiri d’Istia. Prese un nome che al tempo aveva un significato forte: ricordava uno dei lutti più gravi sopportati dai grossetani, eredità dolorosa del fascismo e della guerra, l’eccidio di 11 giovani, nelle campagne fra Grosseto e Magliano.

  • oria dell'impresa di Marino Egisti, s.d. (Archivio IGREC, f. Egisti)

A volte badilanti e terrazzieri passarono dalle opere di bonifica ai mestieri delle costruzioni. A popolare i cantieri in parte erano operai arrivati a cercare lavoro dall’entroterra: giovani in cerca di prima occupazione, uomini maturi che avevano lavorato nell’agricoltura come braccianti o coltivatori diretti. Tutti i testimoni interrogati su lavoro ed economia della città e dei suoi dintorni – Grosseto e le frazioni – oltre ai mestieri della bonifica citano minatori, mezzadri, braccianti. Sono categorie forti, sindacalizzate, capaci di pesare politicamente. Non è facile capire perché si parli poco degli edili, per lo più solo in risposta a una domanda diretta.

Le imprese edili crescevano via via con i piani regolatori, con lo sviluppo dell’edilizia popolare pubblica e la valorizzazione turistica della costa. Nacquero nuove imprese sulla spinta del grande volume della domanda pubblica e privata. Accanto alle ditte protagoniste dell’edificazione delle periferie, ebbero un ruolo importante le imprese fornitrici di inerti e specializzate nella realizzazione delle opere di urbanizzazione. Grosseto era tutta un cantiere.

  • Cantiere, anni sessanta

La geografia del lavoro, dentro e fuori dai cantieri è vasta: carpentieri, muratori, manovali, falegnami, elettricisti, idraulici, ingegneri, architetti, geometri, tecnici degli enti pubblici, imprenditori. L’indotto è ampio, tocca il settore commerciale, professioni di settore amministrativo…tanto lavoro. Il paesaggio urbano è trasformato profondamente; il paesaggio dei dintorni ne conserva le ferite. Le cave hanno dimezzato, fetta dopo fetta, le colline, a Roselle e non solo, altri materiali sono stati chiesti al letto dell’Ombrone. Fuori città, a San Martino e in zona Casalone, lavoravano a pien ritmo le fornaci.

Dagli anni Novanta nuovo suolo è stato sottratto alla campagna, sono nati nuovi corposi nuclei; ultime arrivate le strutture di grandi dimensioni per il commercio. Mentre il centro storico è ormai diventato piccolissimo in rapporto all’estensione dell’area urbanizzata, gradualmente svuotato di funzioni pubbliche importanti, non compensate dalle nuove, con segni di degrado nei beni culturali storici, primo fra tutti la cinta delle Mura medicee, non più abitabili.

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