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Noi andavamo spesso a vedere crescere la nostra città, a vederla avanzare vittoriosa dentro la campagna, contro la campagna a conquistare il terreno. Si muoveva, si muoveva sensibilmente a vista d’occhio la nostra città: lanciava come un drappello ardito, un gruppo di case nuove, che si lasciavano alle spalle, in una sacca, orti e prati, un po’ di verde ancora odoroso di campagna e di letami, che rapidamente intristiva e si seccava. Noi eravamo entusiasti di questa marcia vittoriosa ed ogni sera ne parlavamo come un fenomeno assoluto ed eccezionale. Il senso vero della città (…) eccolo qui: la città tutta periferia, aperta, aperta ai venti e ai forestieri, fatta di gente di tutti i paesi. Non somigliava, dicevamo noi, a nessun’altra città italiana.

Così Luciano Bianciardi, nell’esemplare fotografia della sua città, scattata “a memoria” nel 1957, quando ormai era un emigrato, dalla Maremma a Milano, descrive la rapida marcia vittoriosa della città contro la campagna, dove crescono strade e palazzi. Gosseto vive la modernità e l’inurbamento, poi il miracolo economico, superata la catastrofe della guerra.

Dal dopoguerra la popolazione cresce a ritmi vertiginosi. I numeri sono stupefacenti: 23.000 i residenti nel 1930, quasi 70.000 nel 1980.

E la città assume via via nuove forme. I forestieri si inseriscono, hanno provenienze diverse e differenti identità sociali. Sono stati braccianti, mezzadri, minatori, sono militari.

  • Operai impiegati nei lavori urbanizzazione a Grosseto, 1948 (©AfG)

Ci sono anche i profughi, che avranno il loro palazzo: profughi istriano-dalmati.

L’immigrazione fa di Grosseto una città d’identità plurale, dunque incerta, ancora con il segno del vecchio borgo rurale, e si porta dietro tradizioni di cultura contadina. Ha una genealogia anomala, secondo il sociologo urbano:

…il progressivo incremento della popolazione [non] è un prodotto tipico delle forze economiche scaturite dalla rivoluzione industriale e [non] è in seguito ad essa che l’uomo dei campi…si è mosso alla conquista della frontiera urbana…Grosseto si avvia ad essere un comune industriale in senso culturale, ma salta a piè pari l’esperienza costituita dalla vera a propria industrializzazione.

  • Iniziamo il giro intorno alle mura da via IV Novembre, 1956 (©AfG)

Diventando capoluogo per servizi, diventa città d’impiegati. I nuovi arrivati creano domanda di case e di opere che accompagnano l’espansione. Così cresce l’unica vera industria: quella delle costruzioni.

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