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L’elaborazione empirica dei dati demografici tratti dalle fonti statistiche analizzate relativamente al periodo 1951-2005 consente di individuare alcune tendenze. Sono stati ricavati suddividendo la provincia di Grosseto in sei aree – Amiata grossetano, Area costiera, Colline Metallifere, Colline dell’Albegna, Entroterra grossetano, Grosseto. La cronologia dei movimenti è suddivisa a sua volta tra due periodi: 1951-2001  e 2001-2005.

Il dato più noto e in linea con le tendenze generali toscane e non solo è lo spostamento verso la costa dall’entroterra. Eclatante è tuttavia la differenza tra i numeri della crescita dei comuni costieri e il capoluogo, che, aggregando le cifre del primo periodo, registra un 78%, oltre il doppio della media dei sei comuni che si affacciano sul Tirreno, con i più alti valori per tutto il primo ventennio. La più cospicua decrescita nello stesso intervallo interessa le Colline Metallifere, ma è comunque elevato, una vera emorragia di residenti, anche il numero degli abbandoni dei comuni dell’interno. Si concentra nel decennio dei Sessanta il picco negativo. L’inizio di una fase di stabilizzazione è verificabile nel corso degli anni Ottanta sulla costa, a partire dai Novanta nell’entroterra, ma è interpretabile come inversione di tendenza quel che accade al movimento demografico delle due aree più colpite dal fenomeno migratorio: Amiata dopo gli anni Ottanta e Colline Metallifere solo a partire dal 2001. Le variazioni  ricavabili dall’esame analitico dei singoli territori comunali sono scarsamente significative in questa sede, ma è interessante, oltre il quadro generico di una certa stabilità negli ultimi anni, osservare che a far registrare un saldo positivo tra 2001 e 2005 sono tutte le aree, pur con cifre più rimarcabili per Grosseto e la costa, fatta eccezione per le Colline dell’Albegna, la zona più meridionale, forse più periferica, se la si valuta sotto l’aspetto della distanza dai capoluoghi provinciale e regionale, la più separata rispetto al sistema di comunicazioni, la meno interessata da trasformazioni economiche legate al secondario, ma con un’alta concentrazione di popolazione non residente nella stagione turistica.

L’utilizzo del dato demografico, come in questo caso, da parte di chi non conosce il mestiere di demografo non può che essere empirico – lo si è dichiarato in premessa – e è utile solo nel contesto di una riflessione generale, incrociato con altre variabili e differenti elementi di valutazione. Stesso approccio è indispensabile dichiarare nel momento in cui si introduce l’elemento antropizzazione de territorio, in termini puramente intuitivi. Lo si giudica in ogni caso ineludibile, in presenza della doppia singolarità, rispetto alla Toscana, di una provincia che comprende aree tipologicamente molto diverse tra loro e zone che non è sufficiente definire scarsamente popolate, ma a bassa o nulla antropizzazione. Questo vale per una parte delle colline dell’Albegna, la zona montuosa amiatina, vaste porzioni collinari tra Amiata e comuni dell’immediato entroterra grossetano, parte delle Colline Metallifere. La struttura orografica, ma anche processi storici spiegano questa, che è una condizione solo in piccola parte modificatasi nel corso della seconda metà del Novecento.

A caratterizzare non pochi comuni dell’entroterra è, per esempio, l’incidenza molto forte della popolazione urbanizzata, residente nel capoluogo. In molti casi si deve parlare di lunghissima durata, in aree a nessuna o bassissima antropizzazione, dell’ambiente naturale, distribuito “a macchia di leopardo” nel territorio provinciale (il paesaggio naturale delle macchie mediterranee, zone boschive…). In qualche caso gli ambienti naturali sono individuati come aree protette (o parchi); i tempi del “congelamento” di aree protette e parco si collocano a partire dagli anni Settanta (è del 1975 l’istituzione del Parco della Maremma)

E’ definibile campagna urbanizzata quasi esclusivamente quella della pianura grossetana, la valle dell’Ombrone, e i tempi di questa urbanizzazione sono recenti: si collocano in prevalenza negli anni successivi alla Riforma fondiaria, dopo il 1951. Non è mancato, con il declino dell’agricoltura, il fenomeno dell’abbandono delle campagne, che è una costante regionale nazionale della fase della modernizzazione e dell’industrializzazione e del declino dell’economia agricola. Un fenomeno degli ultimi anni, il cui inizio data dalla fine degli anni Ottanta, è l’emigrazione dalle metropoli per l’attrattività dell’ambiente naturale e di paesaggi di elevata qualità estetica verso quanti hanno accolto le tendenze generali di una cultura ambientalista ed ecologica. Tuttavia, si tratta sempre di un dato che quantitativamente non appare di grande rilievo.

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