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Per il Bianciardi autore de Il lavoro culturale Grosseto non somiglia a nessun’altra città. Perché conosce un’altra storia, del tutto differente da quella dell’inizio delle febbre della cementificazione, per esempio nella Milano che lui conosce bene e descrive ne L’integrazione.

Dinanzi alla facciata chiusa e scura delle case, operai febbrili alzavano tavolati, subito ricoperti da faccioni floridi e ammiccanti, da parole alte un metro, di un calore fosforoso, che batteva negli occhi e li abbacinava.. dietro il tavolato fervevano i lavori. Nella maggior parte dei casi il lavoro consisteva nel buttar giù una casa, ed infatti dalle fessure filtrava polvere e fragore di macerie rovinose. Poi ricostruivano più alto e più brutto. Quando toglievano il tavolato, ecco che l’edificio aveva guadagnato un palmo di marciapiede rispetto al precedente. E subito alzavano un’altra barriera di legno, per buttar giù la casa accanto. Ma nemmeno alla nuova si placava l’ansia costruttiva.

Anche a Milano arrivavano immigrati, ma era un’altra cosa. L’arrivo alla stazione centrale degli uomini del sud con le valige di cartone, stereotipo dell’immigrato, ma insieme realtà, non somigliava in niente all’esplosione demografica grossetana. Qui si veniva dall’entroterra verso la costa, dalle colline e dall’Amiata.

Osservatori attenti, anche poeti hanno raccontato alcune distorsioni della modernizzazione italiana nelle città:

“Nelle acropoli e nei municipi della provincia codesto civico solletico è addirittura frenesia”

(C.E. Gadda Quartieri suburbani, in “Civiltà delle macchine”, 1955, n. 6

 

“…case non ancora finite e già in rovina, cresciute sul dorso di un pendio, senza radici, forsennate al cielo” 

(R. Roversi, in ” Officina”, 1956)

A Grosseto si fanno convegni su “Una città a misura delle esigenze dell’uomo”. Il fermento culturale degli anni Cinquanta-Sessanta, che torna insistente nel racconto che ne fa il sindaco Pollini, illumina di sé anche la politica urbanistica.

Ad interrompere la fase di espansione fu un drammatico evento, l’alluvione del 1966. Lo sforzo collettivo di una società coesa e l’energica azione delle Istituzioni consentirono al territorio si risollevarsi rapidamente.

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